Quello dei fratelli Bandiera non fu l’unica vicenda risorgimentale che vide il territorio silano in primo piano: venti anni dopo lo scontro della Stragola, la Sila diventò uno dei campi di battaglia dove i “briganti” affrontarono l’esercito piemontese nel disperato intento di ripristinare il regno dei Borboni.
Dopo la campagna di Garibaldi e la successiva annessione del regno delle Due Sicilie a quello piemontese, iniziarono le disillusioni e le cocenti delusioni. Non fu effettuata la riforma agraria e la distribuzione delle terre a chi le lavorava come aveva promesso Garibaldi durante la sua impresa. Le tasse erano state inasprite e incidevano pesantemente sui miseri averi dei contadini. Erano stati aboliti i tradizionali diritti di pascolo e di legnatico sui terreni dell’ex Corona Borbonica. I terreni ecclesiastici confiscati dal governo furono ceduti alle famiglie borghesi, già proprietarie di grandi latifondi, le uniche che potevano permettersi di pagarli.
Il servizio di leva divenne obbligatorio ed il governo piemontese attuò di fatto una politica coloniale che generò malcontento e rabbia in tutta l’Italia meridionale. I risultati non si fecero attendere: nelle zone interne della Campania, Basilicata e Calabria, si formarono delle bande armate che iniziarono un’attività che oggi chiameremmo di guerriglia, volta a riportare nel Meridione il regno borbonico.
Iniziò una dura e feroce guerra civile contro i piemontesi, visti come invasori, la cui fama corse in tutta Europa. Questa guerra che, in modo improprio fu definita “brigantaggio”, portò il regno piemontese a mettere a ferro e a fuoco le regioni meridionali creando una profonda divisione tra Nord e Sud che divenne storica.
Il governo piemontese impiegò nel Sud 120.000 uomini, la metà dell’esercito italiano: 57 reggimenti di fanteria, 19 battaglioni di bersaglieri, 10 reggimenti di cavalleria. Fu proclamata la legge marziale, vi furono rappresaglie crudeli, incendi di villaggi, esecuzioni capitali e, per reazione, i briganti ebbero l’appoggio di gran parte della popolazione.
La guerra senza speranza dei briganti durò cinque anni e si concluse nel 1865 quando nelle selve incendiate e semidistrutte non restarono che poche decine di ribelli, dopo che migliaia di banditi o presunti tali furono uccisi o imprigionati. Ma il brigantaggio si dissolse definitivamente forse anche grazie alla nuova possibilità offerta ai giovani meridionali dalla emigrazione.