Una grande caverna nel ventre della montagna, uno smisurato giacimento di tungsteno, una probabile miniera d’oro. La versione integrale dell’articolo pubblicato dal giornalista Mario Morrone sulla Gazzetta del Sud del 17 agosto 2023.
Longobucco è noto fin dall’antichità per le sue miniere dove si cavavano solfuri, in particolare blenda e galena argentifera. Verso la metà degli anni ’80 del secolo scorso, la società Snia Viscosa ha effettuato delle prospezioni minerarie sulla montagna che sovrasta il centro urbano individuando un enorme giacimento di tungsteno in particolari rocce chiamate skarn. Non solo, ma è emersa la presenza di una grande cavità nel ventre della montagna. Abbiamo intervistato Luigi Spadafora di San Giovanni in Fiore, insegnante di laboratorio di elettronica e profondo conoscitore del territorio silano, che si è procurato e ha studiato le relazioni sui lavori della società milanese e ci ha fornito il materiale per scrivere queste note. Pare che il tungsteno sia presente in una vasta area con tenori spesso elevati. La società Snia ha però rinunciato nel 1987 alla coltivazione del giacimento probabilmente per difficoltà logistiche in quanto la zona è alquanto impervia e la presenza del minerale è piuttosto discontinua.
Per quanto riguarda la cavità, questa è stata individuata durante due carotaggi nelle vicinanze di Croce Reinella. Nel primo carotaggio si è incontrato un vuoto a 53 metri di profondità. Una sonda, successivamente calata nel foro, è scesa fino alla profondità di 86 metri. Nel secondo carotaggio il vuoto si è incontrato a 30 metri di profondità.
Ma, come si è formata questa cavità? E’ lo stesso Luigi Spadafora che ci spiega che non si tratta di una caverna di origine antropica ma potrebbe essere il risultato dello scavo prodotto da acque sotterranee che hanno dissolto uno strato di calcite, minerale presente sul posto. Ci troveremmo, in questo caso, davanti ad una grotta carsica, probabilmente piena di stalattiti e stalagmiti. La cavità potrebbe avere anche un’origine tettonica ma, l’ipotesi più suggestiva, è che si tratti di un enorme geode come quello di Santa Barbara ad Iglesias che attira, ogni anno, migliaia di visitatori. In questo caso, all’interno della cavità, potrebbero trovarsi, oltre alle stalattiti, anche grandi cristalli di inestimabile valore. Potrebbero esserci anche spalmature o venuzze di oro, in quanto, il prezioso metallo, è spesso associato agli skarn a tungsteno. Forse non è un caso che, il giudice Giuseppe Zurlo, nel volume primo della sula opera “Stato e storia della Regia Sila” pubblicato nel 1866, scrisse che nell’area, nell’antichità, era presente anche una miniera d’oro.
Luigi Spadafora conclude dicendo che, i tecnici della Snia, focalizzati sulla ricerca del tungsteno, hanno sottovalutato l’importanza potenziale della cavità e con mezzi moderni, come gravimetri, georadar e telecamere endoscopiche, si potrebbero scoprire informazioni utili sulla sua geometria e sulle sue dimensioni.
Lo stesso toponimo “Longobucco”, per molti letteralmente “lungo buco”, potrebbe essere legato alla presenza di questa cavità che, magari un tempo, era raggiungibile dall’esterno grazie ad una uscita scavata dalle acque circolanti al suo interno.